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ROCK-MEMORIES-TITLE (9K) JIMMY RAGAZZON
DISCOGRAFIA
COLLABORAZIONI




dal sito di Tom Waits-Italian fanclub:
ROCK MEMORIES
by Jimmy Ragazzon
Concerto di TOM WAITS
Amsterdam, 4 Novembre 1985

Una Amsterdam fredda e piovosa, già invernale, attendeva tranquilla l’arrivo di Tom Waits, senza alcuna pubblicità, se non sui giornali specializzati, ma con tutti i biglietti venduti in sole 6 ore di prevendita. Erano passati quasi 7 anni dall’ultimo tour europeo e l’attesa era davvero grande, soprattutto per il nuovo corso della musica di Waits, intrapreso negli albums "Swordfishtrombone" e "Raindogs".
Ed è un pubblico eterogeneo, fatto di conoscitori ed assidui frequentatori dei piccoli mondi raccontati da Waits, quello che si raccoglie sui gradini del Concertgebouw, il conservatorio di Amsterdam, per una serata che si preannuncia indimenticabile.
Una volta all’interno della splendida sala, la strana disposizione ed il tipo di strumenti musicali sul palco, dà una idea della particolare atmosfera che si crea subito sulle note introduttive di "Underground" che ci presentano un Waits ammiccante, in camicia a righe e pantaloni neri, scarpe italiane a punta ed un piccolo Borsalino di feltro grigio che sposta in continuazione.
Il viaggio inizia subito, lungo le strade della sua mente popolate da meticci cubano-cinesi, marinai in procinto di salpare verso Singapore, piccoli boss italiani, cittadine astemie della campagna australiana, ragazze fuggite da casa in cerca di qualcosa che non conoscono. Ed anche tristi call girls, hobos ed angeli della desolazione sulle orme di Jack Kerouac e le ispirazioni musicali del blues e di Cole Porter.
Anche gli strumenti, tra cui alcuni inventati da lui, ricreano l’atmosfera del sogno, del continuo susseguirsi di razze e culture, occidente ed oriente, con piatti balinesi, marimbas, glass armonica, calliopes e pump organs, lungo sentieri artistici tracciati da Howlin Wolf, Harry Partch , Hoagy Carmichael.
Si snodano così due ore di spettacolo, costellate da occasionali dialoghi con il pubblico, battute, storielle e piccoli scherzi che fanno di Tom Waits un perfetto entertainer. Sembra parlare sporco e rozzo così come canta con sentimento o suona il piano con estrema delicatezza, spesso accogliendo le molte richieste di un pubblico attento e preparato.
Accompagnato da una grandissima band costituita da Marc Ribot alla chitarra e tromba, Greg Coen al basso, Ralph Carney al sax, Steve Hodges alla batteria ed il funambolico Michael Blair alle più varie percussioni, ha scelto dal suo repertorio brani recenti e classici come "Tom Traubert Blues" ,"29 dollars","Jersey Girl", "Downtown Train" ed altri.
Alcune canzoni tristi e spezzacuore, altre allegre, ricche di pathos, di assurdità ed aneddoti autobiografici, ballate, jazz, blues, mambo, teatro, ma con tutta la sua anima immersa in ogni brano.
Richiamato a gran voce per tre bis consecutivi, ha concluso lo show con la dolcissima "Time" e tutto il pubblico in piedi a rendere omaggio ad un grande artista, poeta e cantore della strada.
Alla fine, camminando verso casa sotto una pioggia sottile, incontro il mio amico olandese all’uscita del Paradiso, dove ha appena ascoltato Nico, la ex voce dei Velvet Underground ed il suo nuovo gruppo. Vorrebbe raccontarmi qualcosa, ma guardandomi, capisce che stanotte avrò ben altro per sognare . . .



Lo Staff di BV

www.tomwaits.it





ROCK MEMORIES
the ROLLING STONES
by Jimmy Ragazzon

"THE GREATEST ROCK AND ROLL BAND IN THE WORLD" ( e non ci sono dubbi in proposito... )
Ormai sono stati usati tutti gli aggettivi disponibili per descrivere la band più importante e longeva della storia del rock, in particolare dopo lo straordinario concerto di Rio de Janeiro dello scorso febbraio, che ha raccolto più di un milione e mezzo di persone e l’ennesimo successo di vendite del loro ultimo album "A Bigger Bang" e di biglietti per il relativo tour. Mi limiterò quindi alle mie personali considerazioni, cioè quelle di un fan che li vide per la prima volta in concerto il 1º ottobre del 1970 al Palalido di Milano, per poi riascoltarli in altre occasioni in vari concerti europei.
In quegli anni i concerti erano più brevi, si svolgevano anche al pomeriggio e vedere gli Stones il primo giorno di scuola, era più di quanto un ragazzino di 13 anni appassionato di rock potesse desiderare.
Credo che quello show abbia lasciato in me un segno indelebile, perchè ho continuato a seguire ed amare questo gruppo sia per la loro musica, spesso per il loro stile di vita ma soprattutto per la passione condivisa per il blues.
Infatti i loro esordi ed i primi albums sono intrisi di blues e r&b ripreso dai grandi maestri come Muddy Waters, Howlin Wolf e Solomon Burke, i dischi dei quali erano ricercatissimi da Brian Jones e soci.
Le radici del rock come fondamentale punto di partenza per sviluppare uno stile originale ed inconfondibile, che li porterà al grande successo, influenzando generazioni di musicisti. Non dimentichiamoci che nel 1966 riuscirono nell’ardua impresa di portare al primo posto delle classifiche di vendita inglesi "Little Red Rooster" un classico blues lento di Willie Dixon, forse l’unico caso nella storia della musica.
Ancora oggi sia nei brani originali che nelle covers eseguite in concerto, ripropongono la loro interpretazione della musica afroamericana, rielaborando classici come "Mr. Pitiful" e componendo blues veri e propri come "Back Of My Hand".
Certo ad ogni loro concerto molti pezzi in scaletta si ripetono ad ogni tour, ma essendo diventati una band transgenerazionale, chi li vede per la prima volta vuole ascoltare i loro pezzi più famosi.
Ovviamente la loro vena creativa non è più quella di un tempo, le coreografie dei concerti ed i lauti guadagni hanno sempre più importanza, ma ad una band che ha servito un poker di capolavori come "Beggars Banquet", "Let It Bleed", "Exile On Main Street" e "Sticky Fingers" cosa chiedere di più?
Ci sono stati poi altri ottimi albums come "It’s Only R’nR", "Some Girls", "Tatoo You", "Voodoo Lounge" e "Stripped", grandi concerti sparsi per il mondo anche dopo l’abbandono di Bill Wyman, storico bassista, stufo del grande music-business.
Ogni loro concerto è un’esperienza indimenticabile, sia per la maestosità degli allestimenti scenici, sia per l’indubbia energia sprigionata dalla loro performance.
In Italia torneranno il 22 giugno prossimo e credo che, malgrado gli esosi prezzi dei biglietti, sarà la mia settima presenza ad un loro concerto.
La storia del rock tornerà sul palco di San Siro a disposizione di tutti, con le smorfie di Mick Jagger ed i riffs di Keith Richard, l’impassibiltà di Charlie Watts e le rughe di Ron Wood, per raccontare ancora una volta l’evoluzione della massima espressione culturale giovanile, che ha cambiato usi e costumi di più generazioni.
Quindi se vi piace la musica, se volete assistere ad un evento che non dimenticherete ma soprattutto se volete divertirvi, non perdetevi quella che potrebbe essere l’ultima occasione per gustarvi the ROLLING STONES: è solo rock and roll ma vi piacerà.





ROCK MEMORIES
by Jimmy Ragazzon
BOB MARLEY &THE WAILERS
Parigi, Pavillon giugno 1978

Uno dei sogni proibiti di tutti gli amanti della musica, è quello di presenziare ad un concerto che verrà registrato per produrre un album "live" che passerà alla storia.
Il vs. affezionatissimo direttore ha avuto questa fortuna, per puro caso, essendo tra gli spettatori del concerto parigino di Bob Marley, che venne immortalato nel suo celeberrimo doppio album "Babylon By Bus".
Mi trovavo nella allegra Parigi, la "gay Paree" ( come la pronuncia Bob Dylan), giusto per il concerto di quest’ultimo e, per una fortunata coincidenza, nello stesso periodo in cui era programmato il tour europeo del Rastaman per eccellenza, in supporto al suo nuovo album "Kaya".
L’importanza della musica e della figura di Marley per tutte le popolazioni africane, asiatiche e caraibiche è incommensurabile. Dovunque io sia stato, dal Marocco al Kenya, da Santo Domingo al Sudan, dal Vietnam all’ India, le sue canzoni, i suoi ritratti e le sue foto erano sempre presenti alla radio, nei registratori portatili, nei juke box e sulle pareti di case, empori, barbieri, bagni turchi, appese a povere bancarelle nei mercati di strada in sperduti villaggi o nelle medine di città arabe. Il suo messaggio di riscatto e lotta per i diritti dei poveri e dei diseredati della terra, unito alla viscerale musicalità del reggae, costituisce una sorta di mito che ha tuttora un grandissimo seguito in tutto il mondo, malgrado la sua prematura scomparsa, nel maggio del 1981, dovuta ad un male incurabile.
Era anche famoso per la sua devozione alla religione africana rastafariana, nome ripreso dal titolo nobiliare di Alie’ Selassie Re d’Etiopia, nominato Ras Tafari e Leone di Giuda. In pratica divenne un missionario per questa fede e la portò all’attenzione del mondo, predicando la fratellanza e la pace per tutta l’umanità fino alla fine della sua vita.
Tornando al concerto, fu una vera e propria festa di suoni, danze, profumi e colori. Sin dall’inizio con "Positive Vibrations" e "Punky Reggae Party" proseguendo con "Exodus", "Lively Up Yourself" per terminare con " War/No More Troubles", "Is This Love" e "Jamming", tutto il pubblico ha cantato e ballato per più di due ore, contribuendo al buon feeling dei musicisti, al senso di pace e comunanza tra migliaia di persone unite dalle stesse vibrazioni positive, dando l’illusione di trovarsi su una spiaggia giamaicana, con effluvi di kaya, ed in lontananza, un filare di palme ad ornare le acque cristalline dell’oceano. . .
Sar&agrve; banale e scontato, ma è stato uno dei concerti/evento più memorabili a cui ho partecipato e credo fermamente che in questi tempi di pistoleri texani, bombardamenti, kamikaze, guerre per il petrolio e con milioni di persone che tuttora nel 2006, muoiono di fame, sete e di malattie molto spesso curabili, il messaggio di Bob Marley abbia più che mai una saggia, enorme, ineluttabile importanza.




Articoli pubblicati sul settimanale della provincia di Pavia "La Città" , 1993.


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